Personaggi di Vicovaro

Don Angelo Francorsi

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don angelo francorsi con ragazzi vicovaresiDon Angelo nacque a Vicovaro il 19 ottobre 1916 in una casa adiacente l'obelisco della fontana principale del Centro Storico, da un' umile famiglia. Il padre era minatore e la madre casalinga, terzo di tre figli e unico maschio. Tutti i vicini di casa ricordano l'euforia del padre alla nascita del piccolo Angelo, figlio maschio sempre desiderato e con la moglie meditava per Lui grandi progetti.

Angelo trascorse gli anni della sua fanciullezza scorrazzando, come tutti i ragazzini, per le vie del paese, e frequentando, in tutte le occasioni possibili, le funzioni religiose che si tenevano i n paese, inorgogliendosi nell'indossare la famosa "cotta"di chierichetto.

Passavano gli anni e Angelo, giovinetto, cominciò a manifestare la volontà di divenire sacerdote , dapprima confidandosi con la madre, la quale non diede molto peso a tale idea, ma poi si accorse che il figlio nei suoi discorsi parlava sempre di quando si sarebbe fatto prete, e si convinse che quella era la strada per cui il Signore le aveva donato quel figlio.

La donna, conoscendo i pensieri del marito sul futuro di Angelo, si arrovellava sul modo di comunicarglielo e ancor più di convincerlo si fece coraggio e gli rivelò l'intenzione di Angelo a divenire prete.

Il padre, a quella notizia , reagì manifestando la propria contrarietà e rispondendo che tale idea non era il caso nemmeno di prenderla in considerazione: lui non aveva atteso il figlio maschio per fame un prcte, anche se personalmente non aveva nulla contro i preti.

Angelo, saputo del rifiuto del padre ad acconsentire alla sua vocazione, cominciò ad intristirsi, e la sua vivacità giovanile impoverì.

La notte la madre lo sentiva piangere e, con l'angoscia di mamma, andava a consolarlo. Il padre sapeva bene la causa di quella situazione e, alla fine si convinse che il buon Dio gli aveva donato quel ragazzo per prenderlo al suo servizio, e diede il suo consenso: così il ragazzo poté entrare in seminario. In quell'epoca la possibilità di accedere allo studio era ardua: o si era figli di benestanti o si sceglieva la via del collegio che dava la possibilità di esprimere le proprie capacità intellettuali.

Angelo scelse la via del seminario, ma, al contrario di altri che scelsero tale via per accedere ad un titolo di studio, lui la scelse con la volontà di diventare sacerdote per poter essere al servizio (spirituale) degli altri. Entrò in seminario, divenne sacerdote e fu inviato , come prima destinazione a Vicovaro, suo paese natio.

Figurarsi la gioia del giovane sacerdote che aveva la possibilità di esercitare la sua opera sacerdotale nel proprio paese e, come tutti del resto lo desiderano, nel contempo restare insieme alla propria famiglia. Qui rimase per circa un decennio, alternando la sua opera sacerdotale come viceparroco delle parrocchie di S. Pietro e S. Salvatore, a quella di impegno sociale che fu più rilevante nell'arco della sua vita relativamente breve.

Egli era un uomo di "azione", si differenziava dagli altri due preti che prestavano servizio ecclesiastico a Vicovaro in quel periodo : e precisamente; Don Marco Lezi Marchetti , uomo di grande cultura, ottimo oratore e compositore di brani musicali che però metteva soggezione ai fedeli i quali nella maggior parte erano persone di scarsa cultura.

Gli riconoscevano una grande personalità ma gli rimproveravano la sua estraneità ai problemi all'esterno della parrocchia. Don Dante parroco di S. Salvatore, uomo mite, di una bontà particolare e semplice il quale conduceva solo vita di parrocchia.

Don Angelo, senza nulla togliere ai colleghi di tonaca menzionati, era totalmente diverso. Uomo socievole e spigliato, che al di fuori della chiesa viveva la sua attività intensa nel sociale, con la gente e per la gente. Nel periodo in cui ha esercitato il suo sacerdozio a Vicovaro, si è prodigato in modo unico (oltre che a svolgere i suoi compiti di sacerdote) ad attività sociali nei confronti dei Vicovaresi in genere e in modo particolare nei confronti dei bambini e dei ragazzi che, in qucl tempo, periodo post bellico, vivevano un po' allo sbando e nella miseria.

Don Angelo si attivava organizzando programmi di assistenza culturale, religiosa e sociale, come colonie per ragazzi svolte per lunghi periodi dell'anno che si tenevano nella zona di "Saccomuro" nei pressi della stazione di Castelmadama.

I ragazzi partivano a piedi ogni mattina da Vicovaro , in fila come soldati , sotto l'occhio vigile dei ragazzi più grandi, cantando canzoni (alcune allegre altre religiose) mentre percorrevano il tratto della via tibmiina di oltre due chilometri di strada che il quel tempo aveva un traffico relativo.

Nei pressi del rudere di Saccomuro, luogo di permanenza della giornata, veniva distribuita la colazione a base di marmellata, latte in polvere, burro, cioccolato ed altro ancora , cose prelibate che in quel tempo in quasi tutte le famiglie scarseggiavano e per alcuni addirittura una novità.

Durante il giorno si alternavano attività di svago: ginnastica e giochi di vario genere, senza mai dimenticare che alla base di tutto ciò era il rispetto , l'educazione e il carattere di religiosità che derivavano dall'impronta sempre presente del nostro amato e rispettabilissimo Don Angelo.

Alla sera si tornava a casa (sempre a piedi) stanchi e sereni, con soddisfazione dei genitori che sapevano i loro ragazzi in buone mani. Molte altre iniziative si svolgevano nell'arco dell'anno durante i giorni festivi come: organizzazione di spettacoli teatrali con la partecipazione dei bambini e ragazzi del paese e qui potremmo fare anche nomi di persone che oggi, seppur anziane, ricordano ancora perfettamente quelle "recite" alle quali assistevano numerosi genitori e parenti che a volte s i commuovevano sino alle lacrime.

Sistematicamente tutte le domeniche venivano proiettati dei filmati in una delle sale del palazzo "Cenci Bolognetti" che l'amministratore concedeva volentieri al nostro Don Angelo . Per assistervi era necessario un biglietto di ingresso che veniva distribuito sulla soglia della ehiesa di S. Pietro con obbligo di assistere alla S. Messa .


Tutto questo la mente organizzativa di Don Angelo riusciva a fare, conciliando un sano svago e nel contempo ricordando che la messa domenicale è un obbligo per tutti e in modo particolare per i ragazzi . Tutto accettato con entusiasmo e senza spirito di sacrificio come spesso avviene anehe oggi nei pochi ragazzi che assistono alla messa la domenica." Potremmo dire che Don Angelo ne pensava una più del diavolo".

Tra le tante iniziative , se ne citano alcune altrettanto importanti come "l'Azione Cattoliea", e in quel tempo ne esistevano molte in territorio nazionale. Ricordiamo che la nostra sezione si avvalse sempre di un grande numero di iscritti, grazie soprattutto alla instancabile opera di Don Angelo ehe sapeva (come sempre) trovare il modo di invogliare i giovani a frequentarla trovando sempre il sistema di far pervenire materiale e attrezzature sportive, organizzando tornei di calcio, pallavolo ed altro.

Don Angelo aveva una predilezione particolare per i bambini più piccoli e per loro si attivava programmando la partecipazione a colonie marine che, come tutti sappiamo, risultano essere salutari per i bambini.

Naturalmente ciò non era possibile per tutti, e qui la scelta, difficile, (all'epoca in cui il mare la maggior parte dei bambini non l'aveva mai visto) di esaudire il desiderio dei più bisognosi e alleviare la delusione di chi doveva essere escluso.

Naturalmente tutta questa operatività comportava, oltre che impegno fisico, anche capacità a reperire i fondi necessari con interventi e relazioni sovracomunali necessari alla realizzazione dei programmi che si prefiggeva. Noi non sappiamo come faceva, ma i risultati erano sotto gli occhi di tutti, con soddisfazione di bambini, ragazzi, genitori e nonni.

Alternava le sue molteplici attività a opere umanitarie, recandosi a far visita ai malati e agli indigenti, che più di tutti avevano necessità di buone parole e, nel possibile, di qualche soldo che il giovane prete chiedeva a volte alla propria madre.

Nei primi anni del dopoguerra , una delle malattie più frequenti era la tubercolosi. Nel nostro paese, come del resto in molte altre zone d'Italia, si diffuse abbastanza facilmente e spesso conduceva alla morte. A Vicovaro alTivarono dosi di vaccino che veniva somministrato ai bambini in quanto più vulnerabili.

L'impiego del vaccino era effettuato dal Dottor Giovanni Spada, all'epoca medico condotto del paese, con la collaborazione di crocerossine venute da Roma . Le mamme spesso si recavano dal Dottore ringraziandolo per quanto faceva per i loro figli. Il medico rispondeva sempre:"Ringraziate il vostro Don Angelo che fa pervenire il vaccino e le crocerossine idonee alla somministrazione del farmaco".

Ancora una volta l'impegno nel sociale e l' opera umanitaria di Don Angelo si era rivelata importante. Tutto questo e altro ancora Don Angelo ha realizzato per circa dieci anni, periodo in cui ha prestato la sua opera nel nostro paese e per il popolo di Vicovaro.

Egli si sentiva totalmente realizzato, come se potesse far questo per tutta la vita, ma un giorno arrivò inatteso il momento in cui gli organi superiori pensarono che tre preti erano troppi per una comunità come la nostra e decisero il trasferimento del nostro Don Angelo.

La notizia sorprese un po' tutti e figurarsi il povero Don Angelo, il popolo di Vicovaro diede corso a varie manifestazioni di protesta, (scritte e verbali), atte ad impedire il trasferimento, ma inutili furono gli interventi presso la Curia Vescovile di Tivoli, la quale diede corso al trasferimento.

La nuova destinazione fu " Marcellina" un paese a pochi chilometri da Vicovaro, naturalmente quanto accaduto pose fine alle attività sociali che il nostro Don Angelo svolgeva a Vicovaro e per Vicovaro. Prestò la sua opera sacerdotale a Marcellina per un breve periodo (circa tre mesi), un tempo breve che però fu sufficiente a farlo amare ed apprezzare anche dagli abitanti di questo paese.

La permanenza a Marcellina si rivelò una sede provvisoria in quanto successivamente la Curia di Tivoli stabilì una nuova destinazione con sede a Pozzaglia, un piccolo paese di montagna situato tra i monti reatini in provincia di Rieti, comunità di circa un migliaio di abitanti.


A Pozzaglia il giovane sacerdote fu accolto con entusiasmo; gli abitanti erano desiderosi da sempre di avere nella loro comunità un prete tutto per loro e per lungo tempo. L' entusiasmo era reso ancora più forte dalla carica di vitalità e simpatia che il giovane prete , sempre sorridente, possedeva.

Quella accoglienza calorosa mitigò un poco la delusione di aver dovuto lasciare il proprio paese. Il primo periodo di ambientamento fu duro, si narra che durante le sue prime "omelie" Don Angelo notava che ad ogni funzione religiosa, alle quali assistevano gran parte degli abitanti del paese, nel lato sinistro della chiesa prendevano posto sempre le stesse persone e nel lato destro le altre restanti. Poté notare nel tempo che questa divisione non era dovuta solo ad abitudini, come di solito ognuno di noi ha, ma ad una vera e propria divisione politica e di astio dell'una verso l'altra parte.

Questa idea fu rafforzata nel notare che durante le processioni ricorrenti le festività importanti, le due bande musicali esistenti a Pozzaglia partecipavano, l'una fino a metà percorso della processione, e l'altra subentrava alla prima nella seconda metà .

Don Angelo in un tempo relativamente breve, tra una omelia e l'altra, riuscì a convincere la gente che questo modo di partecipare alla vita cristiana del paese non era buono , tacitamente dopo qualche tempo gli abitanti di Pozzaglia persero questa abitudine e divennero un solo popolo di fedeli dall'entrata in chiesa al percorso delle processioni e persino le bande musicali partecipavano entrambe all'intero percorso delle processioni.

Questo episodio può sembrare poca cosa agli occhi di chi legge queste righe, ma per i fedeli di Pozzaglia fu una conquista importante per una situazione che si trascinava da tempo.


Un giorno Don Angelo si recò a Roma, come faceva sovente, per espletare pratiche necessarie a reperire fondi per le sue iniziative sociali . Si imbatteva spesso in mendicanti; egli non aveva certamente molta disponibilità, ma uno di questi insisté talmente che il sacerdote gli diede i pochi spiccioli conservati per il viaggio di ritorno in paese.

Dopo aver terminato i compiti per i quali era venuto a Roma , pensò di recarsi al Ministero Della Difesa in cui lavorava il cognato, per avere dei soldi per il viaggio di ritorno, come aveva fatto altre volte quando si era trovato in difficoltà nella capitale. Nei pressi di ponte S. Angelo, incontrò un lnentecatto che gli infilò una mano nella tasca della tonaca e scappò via.

Don Angelo, piuttosto sorpreso, pensò che volesse nlbargli ciò che in realtà non aveva , cioè i soldi. Egli mise istintivamente la mano in tasca e , con sua grande sorpresa , si accorse di avere del denaro in tasca , giusto quanto necessario per il viaggio di ritorno.

Senza porsi troppe domande, ringraziò ancora una volta il Signore che aveva provveduto a quanto necessario per poter continuare la sua opera di solidarietà umana. Racconta un certo Signor Giovanni , gestore di un'osteria situata all'ingresso del paese di Pozzaglia, che un pomeriggio d'inverno vide arrivare Don Angelo dalla strada mulattiera che conduceva a Montorio, (un paesino di montagna distante poco più di 2 chilometri da Pozzaglia) " Don Angelo aveva tra i suoi compiti quello di recarsi a dir messa nel piccolo paese menzionato in quanto lo stesso privo di sacerdote", sempre a piedi e solitamente accompagnato da qualche chierichetto che a quel tempo esistevano in tutte le parrocchie dei nostri paesi , e che oggi purtroppo queste buone abitudini sono pressoché scomparse tra i nostri ragazzi.

Ritornando a quel giorno,racconta ancora il Signor Giovanni, essendo caduta molta neve il Prete rinunciò alla compagnia dei ragazzi chierici in quanto le loro mamme giustamente preferirono tenerli in casa e andò solo a compiere il suo dovere ecclesiale.

Alla vista di Don Angelo che arrivava totalmente zuppo di acqua nevosa la lunga tonaca imbiancata di neve e con l'aspetto piuttosto stanco e agitato, gli domandò se fosse incappato in qualche lupo ( ben sapendo che non era raro tale incontro in quella zona nel periodo invernale) Don Angelo si fermò a riprender fiato nel locale accogliente di Giovanni e gli raccontò che, effettivamente aveva incontrato un lupo lungo la strada di ritorno il quale gli aveva sbarrato la via ringhiando furiosamente .

" Mi sono fermato -disse- e non sapendo come comportarmi fissavo l'animale negli occhi e per un periodo di circa un quarto d'ora siamo rimasti in questa situazione critica per me e avevo timore , ma non eccessivamente paura; ho continuato a guardarlo negli occhi, al che il lupo, forse infastidito dal riflesso della luce del tramonto che batteva contro le lenti dei miei occhiali , ha perso la sua aria feroce e se ne è andato lasciandomi la via libera e quindi la passibilità di tornare a casa".

L'oste ascoltò attentamente il racconto di Don Angelo , si rallegrò dello scampato pericolo del suo stimatissimo parroco e nello stesso tempo, riflettendo su quanto appena ascoltato, si convinceva che Don Angelo ancora una volta dimostrava di essere un prete "non comune".


Racconta un amico (Gualtiero Santirocchi) che un giorno stava lavorando in compagnia del suocero ad una impalcatura per il restauro di un'ala della casa parrocchiale di Pozzaglia e si approssimava l'ora del pranzo . Ad un tratto entrò Don Angelo il quale intimò loro perentoriamente di sospendere i lavori e recarsi a pranzo. I due, piuttosto sorpresi di un ordine così brusco e inusuale, non osarono replicare anche se pensavano che di lì a poco il lavoro sarebbe terminato. Lasciarono immediatamente l'impalcatura e si allontanarono: un attimo dopo l'intera struttura crollò.

I due rimasero spaventati e nel contempo allibiti di quanto era avvenuto in quell'attimo. Nulla lasciava prevedere l'accaduto e chissà perché Don Angelo entrò proprio in quel momento dandogli quell'ordine strano! Raccontano che sicuramente Don Angelo salvò le loro vite. Ancora oggi si chiedono:- Chi ispirò Don Angelo? Come mai entrò proprio in quel momento dando quell'ordine repentino “. . .

Naturalmente non stiamo parlando di miracolo, ma è sicuramente un episodio che merita di essere raccontato. Si racconta che alcuni giovani vicovaresi che erano piuttosto scettici a quanto predicavano e facevano i preti, in Don Angelo vedevano un amico, un benefattore, una persona che dava una fiducia illimitata, tanto che, quando il sacerdote non prestava più la sua opera a Vicovaro, si organizzavano per andare a trovarlo a Pozzaglia.

Un giorno due di loro "Cesare Moltoni e Marcello Pecchi" (il secondo racconta) pensarono di andare a Pozzaglia con la motoretta del Moltoni. Arrivati in paese ,si recarono in parrocchia e, non trovandolo, domandarono ad alcune persone dove avrebbero potuto trovare Don Angelo, anche perchè sarebbero stati dispiaciuti di aver fatto inutilmente tutto quel tragitto in moto. Fu risposto loro che il sacerdote lo avrebbero trovato presso la "tale" famiglia in una zona del paese.

I due arrivarono all'indirizzo indicato e, con grande sorpresa , videro Don Angelo che sulla tonaca indossava un grembiule piuttosto sporco e impolverato e tirava su con una corda del materiale edile , intento ad aiutare i proprietari della casa per la riparazione della stessa. Questo quadro di Don Angelo al lavoro, confermava ancora una volta che il loro beniamino si prodigava ad aiutare gli altri in qualsiasi modo.

Don Angelo li salutò contento di rivederli e, giustificandosi con la spontaneità di sempre, disse: - Ho saputo che questa famiglia non aveva denaro per pagare un operaio che l'avesse aiutata a riparare questa casa e cosi mi sono offerto a dargli una mano. Questo piccolo e significativo episodio ancora una volta metteva in evidenza l'altruismo e l'amore per il prossimo di Don Angelo.

Negli ultimi anni trascorsi a Pozzaglia la malattia si insinuò nelle sue ancor agili membra e il nostro Don Angelo cominciò il suo peregrinare tra un ospedale e l'altro finché il Dio che lui ha sempre amato e fatto amare lo richiamò a sé. Fatto avvenuto in una clinica di cura in Svizzera, il 6.8.1971

 

Tratto da:" Un prete speciale - Don Angelo Francorsi". A cura di Pierino Romanzi, Domenico Trippa, Enrico Camilloni, Marcello Pecchi. Assessorato alla Cultura del Comune di Vicovaro

La pubblicazione del testo integrale è stata possibile grazie alla fondamentale collaborazione di Mario Rotondi.

 

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